Il 31 ottobre 2008 Satoshi Nakamoto pubblicò il proprio Paper: “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System” sul bitcoin.
La prima risposta che ottenne fu una critica. Il bitcoin nacque morto.
Nonostante questo aborto prematuro, il 3 gennaio 2009, fu attuato il protocollo con la creazione del primo blocco, il cosiddetto blocco zero. Dopo sei giorni, il 9 gennaio 2009, il blocco 1 fu incatenato al blocco zero creando la cd “catena dei blocchi” (blockchain) con ulteriori 14 blocchi nella stessa giornata.
Il bitcoin stava intraprendendo la sua strada, senza chiedere il permesso a nessuno, aggiungendo nel 2009 altri 32.489 blocchi.
Il 5 ottobre 2009, la piattaforma New Liberty Standard pubblicava la prima quotazione: 1.309,03 bitcoin per 1 dollaro statunitense, usando come base di calcolo il costo dell’energia elettrica usata da un computer per “minare” un bitcoin. La prima operazione di compravendita su effettuata il 12 ottobre 2009 (5.050 bitcoin ceduti al prezzo complessivo di 5,02$).
Bitcoin, quindi, è nato già morto e dal giorno della sua creazione è stato dichiarato morto di nuovo almeno 181 volte, con affermazioni raccolte da un sito internet da anni.
La prima uscita “autorevole” che ne decretò la fine, è di Forbes del 2011 in cui si diceva:
“Bitcoins aren’t secure, as both the recent theft and this password problem show. They’re not liquid, nor a store of value, as the price collapse shows and if they’re none of those things then they’ll not be a great medium of exchange either as who would want to accept them?”.
Oggi il bitcoin ha superato la quotazione di 7.000,00 USD per un bitcoin e si assiste al teatrino dei vari detrattori che oggi si proclamano esperti, sempre però sottolineando rischi e minacce quali nuovi bulbi di tulipano digitali (evocando la bolla del 1637 in Olanda), di moneta non costituzionale, di prateria per evasori, riciclatori e bande di criminali che vogliono spostare capitali illeciti senza lasciare traccia, odore o impronta, etc., per non parlare poi delle ICO, strumenti definiti quale truffa e schema ponzi.
Ora che va di moda, la maggior parte dei commentatori parla di bitcoin senza approfondire né comprendere in alcuna maniera un fenomeno così complesso, che peraltro, si propone come nuovo paradigma e non quale strumento speculativo. Infatti il bitcoin non è nato quale strumento speculativo e la filosofia alla base non ne prevedeva la quotazione in moneta a corso legale.
L’atteggiamento di continua denigrazione, teso a sottolineare gli elementi negativi per poter avere cinque secondi di notorietà, è il vero responsabile del ritardo informatico/digitale italiano, dato che gli argomenti sono gli stessi usati nel passato per parlare di Internet=pedofilia/truffe.
Sarà una nuova bolla? Forse si, forse no, ma tutti coloro che hanno investito in criptovalute sono assolutamente consci della assoluta rischiosità dello strumento e quindi se la bolla scoppierà, alla fine nessuno si farà male: vi sarà chi ha guadagnato e chi ha perso quello che poteva permettersi di perdere.
La tecnologia e l’idea alla base sopravvivrà comunque: la disintermediazione e decentralizzazione colpiranno senza pietà, dato che l’intermediario ha senso se, e solo se, tecnologicamente non è possibile effettuare la transazione in maniera diversa.
Il bitcoin, novello calabrone che vola perché non sa che non può volare, continua avanti per la sua strada in un futuro solamente da scoprire.
Stefano Capaccioli