Vorrei riprendere il filo della battaglia (epocale) che si sta svolgendo negli Stati Uniti tra la SEC e Ripple Labs Inc.
Come avevo anticipato tempo fa in un articolo ripreso da Cryptonomist (The Ripple Effect), l’esito di questa battaglia avrà riflessi importantissimi per chi si occupa di regolazione del settore.
Ecco le novità, a mio avviso estremamente rilevanti:
1) Ripple risponde all’atto di accusa della SEC caricando l’artiglieria pesante nell’atto di replica depositato il 29 gennaio 2021 presso la Corte Distrettuale di New York.
2) Ripple, oltre all’atto di replica, adotta una strategia legale a mio avviso eccezionale: invia alla SEC, il 25 gennaio 2021, una richiesta documenti sulla base del Freedom of Information Act (FOIA), che evidenzino come la SEC abbia stabilito che Bitcoin and Ether (le due più importanti criptovalute per capitalizzazione) non sono strumenti finanziari (securities).
Una mossa particolarmente interessante e di biblica memoria: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
In sostanza, la posizione di Ripple può essere così sintetizzata:
1) se Bitcoin e Ether non sono mai state considerate securities, per quale motivo dovrebbe esserlo XRP?
2) Perché XRP viene considerata Security solo dopo 8 anni dal suo lancio e dopo che nel 2015 e, poi, nel 2020, lo US Department of Justice (“DOJ”) e lo U.S. Department of the Treasury’s Financial Crimes Enforcement Network (“FinCEN”) avevano stabilito che XRP poteva essere utilizzata e scambiata nel marketplace come valuta virtuale? Una frase che ho trovato particolarmente forte, nella replica di Ripple Labs, è questa “When the DOJ and FinCEN reached those determinations in 2015, the SEC said not a word”.
3) Quali sono le basi delle teorie legali della SEC considerato che non ci sono leggi che regolano ad oggi la materia o diverse posizioni esplicite del Congresso Statunitense in merito?
4) Perché nessun regolatore del mondo ha mai considerato XRP uno strumento finanziario e solo ora, tardivamente, si sveglia la SEC?
La SEC ha presentato il suo atto di accusa 8 anni dopo il lancio di XRP, 5 anni dopo le citate pronunce del DOJ e FinCEN e ben 2 anni e mezzo dopo l’avvio delle indagini da parte della stessa SEC, senza che Ripple Labs Inc fosse stata minimamente avvisata dei rischi connessi e senza l’adozione di provvedimenti cautelari o sospensivi di alcun tipo, generando così ulteriore fiducia da parte degli investitori, utenti e della stessa Ripple Labs inc, sulla regolarità di XRP.
I legali di Ripple puntano tutto sul fatto che se Bitcoin ed Ether non sono securities, nonostante siano (a detta di Ripple) potenzialmente soggette al controllo di soggetti localizzabili sul territorio della gloriosa Repubblica Popolare Cinese, bloccare XRP significherebbe arrecare un danno discriminatorio non solo a Ripple Labs Inc ma anche (udite, udite) agli stessi Stati Uniti e alle potenzialità del mercato americano, considerato che se non passa XRP, saranno poche le iniziative americane a poter andare avanti in maniera indipendente sul territorio.
Ora, mentre condivido appieno la prima parte della contestazione (la SEC si è mossa in ritardo e le sue teorie non sono basate su provvedimenti legislativi che regolano in maniera precisa la materia), trovo evidentemente pretestuoso il paragonare XRP a BTC e ETH. La prima si presenterebbe come una valuta digitale fortemente centralizzata e presenta diverse caratteristiche tecniche che, a mio avviso, non possono ricondurla alla natura di una criptovaluta (almeno seguendo la logica del sacro white paper di Satoshi Nakamoto).
Eppure trovo non solo molto intelligente la difesa di Ripple Labs ma foriera di decisioni che potranno portare a rilevanti conseguenze.
Ripple sta infatti riuscendo dove Telegram non poteva riuscire: spostare il campo di battaglia su Bitcoin ed Ethereum e chiedere così al regolatore di togliere definitivamente il velo di maya e costringerlo a dichiarare o meno la guerra totale alle criptovalute, inclusa Bitcoin. Qui il mio articolo su Cryptonomist relativo alla replica di Telegram alla SEC nell’ormai lontano 2019.
Mentre Telegram infatti si trovava in una fase in cui TON non era ancora stato lanciato, e poteva quindi evitarsi pesanti conseguenze economiche, oltre che la possibilità di restituire i soldi ai suoi investitori iniziali senza incorrere in eccessivi problemi, Ripple Labs è già a metà del guado. Sono passati ben 8 anni, i soldi sono stati già raccolti e utilizzati per mille mila motivi e soprattutto gli investitori privati che avevano contribuito di recente nel capitale sociale della società, pretendono oggi i soldi indietro avvalendosi di una clausola del contratto di investimento che conferisce all’investitore il diritto di recesso dallo stesso, qualora XRP si riveli (successivamente all’investimento) una Security. Vedi qui l’articolo sull’investitore Tetragon
E’ probabile quindi che si arrivi ad una pronuncia da parte della Corte Distrettuale di New York, e non ad un passo indietro di Ripple (come fatto da Telegram).
Ciò significa che ci sarà una decisione, importantissima, sull’intero ecosistema crypto e probabilmente anche su Bitcoin ed Ethereum.
Sarà interessante per gli esperti e gli appassionati della materia, vedere come andrà a finire.
Per chi fosse interessato, suggerisco l’intera la lettura delle 93 pagine della replica di Ripple alla SEC.
Se è corretto dire che ai veri intenditori di criptovalute, XRP fa storcere il naso, è anche vero che i legali di Ripple Labs, spostando il campo di battaglia su Bitcoin ed Ethereum hanno catturato decisamente l’attenzione.