Molti stanno riprendendo le giuste preoccupazioni dell’Europol nel suo Report (The Internet Organised Crime Threat Assessment – IOCTA, 2015) sull’utilizzo potenziale dei bitcoin da parte delle organizzazioni criminali.
L’ottimo post di Paolo Dal Checco evidenzia come tale preoccupazione debba essere considerata nel suo complesso e dai dati proposti risulta la concentrazione di attività illecite nelle mani di pochi.
Analizzando il rapporto appare chiaro come la modalità di pagamento in bitcoin non sia altro che un’ulteriore modalità rispetto a quelle consolidate tradizionali:
Servizi di trasferimento finanziari (conti bancari o carte di credito);
Servizi di Money Transfer (Western Union, MoneyGram, etc…);
Sistemi di voucher (Ukash, PaySafeCard, etc…);
Servizi di pagamento online (PayPal, Skrill, etc…)
Monete virtuali centralizzate( PerfectMoney, WebMoney, etc…);
L’utilizzo del bitcoin (o del sistema di pagamento) a fini illeciti emerge come una facilitazione che lo strumento permette ma occorre farsi una seconda domanda: come possono essere riutilizzati i bitcoin successivamente?
Analizzamo il passaggio successivo, o meglio la possibilità per gli investigatori di seguire le tracce e di sequestrare finalizzando alla confisca il prezzo/profitto del reato.
Con i sistemi di pagamento tradizionali le attività di investigazione sono spesso depresse dalle usuali attività anti-forensic poste in essere dai criminali o per assoluto anonimato (contanti).
Da poco è uscito il documento del Basel Institute For Governance su Tracing Illegal Assets le cui osservazioni sono invece tutt’altro che allarmanti. In particolare è presente un intero paragrafo (2.3.) che evidenzia come:
Nonostante quello che generalmente si crede e ciò che i media spesso suggeriscono, il Bitcoin non è progettato per riciclare denaro o per nascondere le entrate fiscali, e non è di per sé anonimo.
Per un utente di computer ben motivato e specializzato, può essere possibile effettuare transazioni in modo tale da oscurare la sua identità, ma nella maggior parte dei casi è possibile identificare gli utenti e la loro storia delle transazioni. Le transazioni in bitcoin sono decisamente meno anonime delle transazioni in contanti.
Molti studiosi hanno pubblicato studi in cui si spiegano e mettono alla prova diverse strategie e tecniche finalizzate ad analizzare la blockchain e a legare gli indirizzi ai loro proprietari. I risultati di queste ricerche, in combinazione con le proprietà intrinseche del protocollo Bitcoin e con le vecchie tecniche investigative, sono in grado di fornire agli investigatori e procuratori strumenti utili e potenti per rintracciare arttività attraverso la blockchain.
Alcune interesanti riflessioni emergono dalla lettura congiunta dei documenti (Europol e Basel Institute).
Il bitcoin è solamente un ulteriore mezzo di pagamento, similare agli altri, che viene utilizzato in pagamento di attività criminali (l’analisi congiunta dei due rapporti però porta ad un risultato per molti inaspettato: il bitcoin è più tracciabile ed investigabile di molti altri strumenti di pagamento. In aggiunta le indagini sono più agevoli per la disponibilità “pubblica” della blockchain.
L’unico aspetto su cui riflettere è ove porre presidi volti a migliorare le attività di investigazione e deprimere le possibilità di riciclaggio, risultando gli exchanger come gli attori maggiormente esposti a rischi di riciclaggio, o meglio, come gli attori che possono connettere l’indirizzo del wallet ad una persona.
Ad oggi lo strumento permette, per utenti fortemente esperti, di rendere difficoltose le indagini nei loro confronti. Lo sviluppo tecnologico e le tecniche di analisi della blockchain però mi consentono di affermare che tale difficoltà esiste “oggi“, ma la blockchain è pubblica, condivisa ed eterna, tale per cui l’attuale difficoltà di indagine potrebbe trasformarsi (e lo spero proprio) in attività banale nel futuro prossimo.
In conclusione, sostenere che il bitcoin è la moneta preferita per compiere reati o per riciclare significa essere male informati o non aver approfondito sufficientemente il sistema, preferendo la demonizzazione dello strumento piuttosto che la sua comprensione che richiede fatica, conoscenza e capacità di superare i propri limiti e schemi mentali.